Gli eroi nascono eroi nell’animo e non necessariamente con l’arrivo dei muscoli, sostiene l’autore di fumetti Joe Simon, e lo dimostra brillantemente con “Capitan America”, fumetto-sorpresa nel lontano mercato americano del dopoguerra e meritevole della stessa sorte anche mondialmente. Volontario durante la Seconda Guerra Mondiale, Steve Rogers viene scartato come soldato per il suo fisico troppo gracile, ma viene comunque preso in considerazione come cavia per un segretissimo esperimento militare che lo trasformerà in un supersoldato. Nasce così il mito: il guerriero con la tuta che richiama la bandiera a stelle e strisce statunitense e che, per questo motivo, prende il nome di Capitan America. Scopo della sua creazione: combattere le forze dell’Asse e, in particolare, un gerarca nazista soprannominato “Teschio Rosso”. Se poi il risultato è raggiungere la pace del mondo, ne vale la pena. Scelta la strada della propaganda anti-nazista (che nel lontano 1941 era necessaria per rinnovare forza agli ideali americani) e integrandola con elementi tipici dei comics, Simon non perde un colpo, aiutato dai disegni di Jack Kirby e da una casa editrice potente come la Marvel, e travolge il lettore in questa lotta fra Bene e Male. Interessante scoprire, passando da Stan Lee (Panini Comics) a una rilettura dei Marvel Studios di ultima uscita (2011, Marvel Studios), che lo scatenato e popolare eroe diventerà simbolo radical chic.
Il legame di questo personaggio con il tema della difesa è chiaro: il suo ruolo a protezione dell'America e, soprattutto, l'utilizzo di uno scudo in vibranio.
Il fumetto ha ispirato anche un film: Captain America, The First Avenger del 2011.
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